Multinazionali del petrolio sul delta del Niger

Nel Delta del Niger, regione ricca di petrolio del sud-est della Nigeria, l’attività delle multinazionali del petrolio (Shell, ExxonMobil, ChevronTexaco, TotalFinaElf, Eni/Agip) ha procurato gravi danni ambientali, sociali ed economici. L’attività di estrazione del greggio ha provocato l’inquinamento del bacino idrico e dei terreni, ha distrutto le coltivazioni di sussistenza ed espropriato i terreni alla popolazione nigeriana. L’attività petrolifera ha contribuito alla diffusione di malattie, tra cui varie forme di cancro. La lotta per i proventi economici ha inoltre creato forti contrasti e divisioni tra le differenti comunità presenti sul territorio. Secondo Human Rights Watch l’opposizione della popolazione è stata violentemente sedata dalla polizia, le cui repressioni hanno causato migliaia di morti. Le comunità locali, appoggiate principalmente dal MEND –Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger – e dal MOSOP – Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni – continuano a opporsi alle politiche di sfruttamento portate avanti dalle compagnie transnazionali e chiedono la bonifica dei corsi d’acqua e dei terreni, una più equa distribuzione dei proventi del petrolio e il risarcimento del debito ecologico. A livello politico, diversi gruppi locali reclamano al governo nazionale l’assenza di protezione, l’uso della violenza e la mancanza di trasparenza nella gestione dell’attività petrolifera. Le comunità locali, appoggiate dal MEND – Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger – continuano ad opporsi alle politiche di sfruttamento portate avanti dalle compagnie transnazionali e chiedono la bonifica dei corsi d’acqua e del territorio, una più equa distribuzione dei proventi del petrolio, nonché il risarcimento del debito ecologico.

Ricchissima di risorse minerali e di petrolio, che da solo costituisce il 95% delle esportazioni e 65% del bilancio nazionale, la Nigeria ha una storia coloniale e postcoloniale contrassegnata da violenti conflitti interni, spesso legati alla gestione del petrolio.

Terreno di estrazione già dal 1938, a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 la Nigeria diventa bacino commerciale e base economica di numerose compagnie transnazionali. Dopo appena sei anni dall’indipendenza dall’Inghilterra, avvenuta nel 1960, il paese cade in una serie di disordini e di violenti massacri che danno inizio a un lungo intreccio tra potere militare, multinazionali e proventi dell’attività petrolifera.
In un rapporto pubblicato dalla Oil and Gas Review e OECD International Agency nel 2011 la produzione quotidiana di petrolio in Nigeria ammonta a 2.591 migliaia di barili, quasi equivalente al consumo pro capite quotidiano di paesi come Germania – 2,414 migliaia di barili – e Canada – 2,229 migliaia di barili. All’enormità delle ricchezze rappresentate dalle risorse naturali, non è mai corrisposta un’equa distribuzione delle risorse. Secondo il rapporto sullo Sviluppo Umano 2011, condotto dalle Nazioni Unite, la popolazione nigeriana è tra le più povere del mondo. Nonostante il paese sia il più grande esportatore di petrolio del continente africano e il detentore della più vasta riserva di gas naturali, il 64.4% della popolazione vive con meno di $1.25. Secondo i dati registrati dall’International Energy Agency e Banca Mondiale, il consumo nigeriano pro capite di petrolio nel 2011 ammonta a 0,69 barili al giorno, mentre quello di energia elettrica equivale a 121 kilowatt. In Italia il consumo quotidiano è di 8,74 barili di petrolio e 5,271 kilowatt di energia elettrica a persona.

Gli ingenti danni ambientali e sociali causati dall’estrazione petrolifera hanno esasperato le popolazioni locali, costrette a fare i conti con le continue espropriazioni, la progressiva contaminazione del terreno e dei corsi d’acqua e le ripetute violenze da parte dei servizi di sicurezza delle compagnie transnazionali.

Per rivendicare la fine del saccheggio indiscriminato del territorio le comunità rurali portano avanti da anni proteste e mobilitazioni e per questo motivo subiscono repressioni violente da parte dell’apparato militare dello Stato e degli eserciti privati delle multinazionali.
Il Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni – MOSOP – popolazione principale della regione del Delta – conduce dal 1990 una campagna non violenta contro il degrado ambientale del terreno e delle acque, conseguenze delle attività delle industrie petrolifere. Nel 1995, il presidente del Movimento, Ken Sawro – Wiwa, e otto attivisti furono arrestati e condannati a morte dal governo con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di quattro leader tradizionali e filo-governativi.

Ad oggi il movimento reclama il riconoscimento di una Carta dei diritti fondamentali del Popolo Ogoni, organizza eventi di sensibilizzazione e partecipa alle attività internazionali attraverso reti di comunità Ogoni residenti all’estero.
Nel 2005 debutta il Movimento di Emancipazione del Delta del Niger – MEND. I guerriglieri dichiarano di agire per portare all’attenzione della comunità internazionale l’inaccettabile situazione che vive il popolo nigeriano. Il gruppo non ha mai accettato riscatti e le persone sequestrate che sono sempre state rilasciate in buono stato psico-fisico. Il manifesto di rivendicazione del MEND chiede la fine del saccheggio operato dalle multinazionali del petrolio, una più equa ripartizione delle ricchezze petrolifere, il risarcimento del debito ecologico e la demilitarizzazione del territorio.